venerdì 24 febbraio 2017

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IL SELVAGGIO ( The wild one, USA 1953)
DI LASLO BENEDEK
DRAMMATICO
L'ispirazione per il soggetto de "IL SELVAGGIO" provenne da un racconto pubblicato su Harper's Magazine, intitolato "The Cyclist's raid", a sua volta ispirato da fatti realmente accaduti a Hollister, in California, nel 1947. Tuttavia, seppure il film ricordi piuttosto da vicino la vicenda di Hollister, in realtà i motocliclisti non ebbero scontri violenti con la cittadinanza, ma, anzi, furono invitati a tornare negli anni successivi. Era il quinto film girato da MARLON BRANDO, che, dopo questa pellicola, consolidò il suo nascente mito. Non aveva molta voglia di far parte di questa pellicola, dopo aver letto il copione, ma accettò solo perchè nell'operazione era coinvolto STANLEY KRAMER, con il quale si sentiva in debito perchè aveva prodotto anche "UOMINI", il film che lo lanciò. Come in altri lungometraggi cui prese parte, anche su questo set, Marlon Brando creò non pochi problemi: era in contrasto con il regista ungherese LASLO BENEDEK, e con LEE MARVIN, che era veramente spesso alticcio mentre girava, preferiva avere meno contatti possibile, arrivando a chiedere di non essere sul set assieme a lui, a meno di non dover condividere con Marvin la stessa inquadratura. Lee Marvin sostituì KEENAN WYNN, in pratica alla vigilia della lavorazione. Marvin basò la sua interpretazione sul reale motociclista Willie Forkner, detto "Wino Willy", considerato una leggenda nell'ambiente, capo del Booze Fighters Motorcycle Club. Appassionato di moto, Brando passò del tempo con veri motociclisti prima di cominciare le riprese, per apprendere il loro gergo, e la maniera di muoversi: in più, scelse personalmente i propri costumi, che indossava sia fuori che sul set. La Triumph che usa nel film era la sua vera moto, una 650cc Thunderbird; il giubbotto, uno Schott NYC Perfecto 618, personalizzato da Brando con delle stellette. Lee Marvin invece usa nel film una Triumph 200cc Tiger Club. Marvin, prima di girare il film, non sapeva guidare una moto, ma non voleva essere da meno di Brando, e fu veloce ad imparare, al punto da competere in gare nel deserto, dopo aver fatto questo lungometraggio. Il produttore HARRY COHN impartì a regista e troupe di girare il lungometraggio in poco tempo, con tempi strettissimi per la post-produzione: aveva già fatto così per "DA QUI ALL'ETERNITA'", e pensava che fosse la giusta condizione per far lavorare in maniera più proficua tutti. Fu ancora una decisione di Cohn, di girare il film in bianco e nero. A proposito del suo ruolo, Brando dichiarò che, dopo aver girato questa pellicola, sentì sminuito il desiderio di uccidere il proprio padre, e che, in qualche modo, gli aveva tirato fuori della violenza che sentiva dentro. Il film fu proibito in Gran Bretagna, fino al 1968. Per definire quanto iconico fosse Brando in questo film, basti pensare che i BEATLES lo inserirono tra le tante figure mitiche che affollano la copertina del loro famosissimo album, "SGT. PEPPER'S LONELY HEARTS CLUB BAND". Eppure, lo stesso protagonista, nella sua autobiografia del 1994, affermò che il film era invecchiato male.  Harry Cohn stesso non amò il film, che avrebbe voluto spiegasse come mai i giovani sentissero la necessità di formare delle bande di motociclisti, e secondo il produttore, invece, il film finito ne mostrava solo il lato violento. Nonostante l'antipatia che si dimostrarono, Marlon Brando e Lee Marvin rischiarono di comparire insieme un'altra volta, in "UN TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA", ma Marvin disse chiaramente a JOHN BOORMAN che lui e Brando fossero troppo in là con gli anni per essere credibili in quei ruoli, e il regista inglese gli dette ragione. E' stato il primo lungometraggio che abbia mostrato il marchio delle moto usate: la Johnson Motors, che importava le Triumph, protestò con la produzione, perchè temeva che vedere i mezzi usati da dei teppisti danneggiasse il marchio, ma inutilmente. Anzi, poi ne trassero vantaggio e pubblicità. 

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