giovedì 17 dicembre 2015


TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE
(All the president's men, USA 1976) 
DI ALAN J. PAKULA
DRAMMATICO
Prima ancora che il libro "TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE" uscisse, ROBERT REDFORD ne acquistò i diritti cinematografici, per 450,000 dollari, nel 1974 ( l'equivalente, oggi, di 2,150 milioni): precedentemente, la star incontrò i giornalisti BOB WOODWARD e CARL BERNSTEIN per parlare del progetto, e incoraggiarli, durante la stesura del loro libro, a descrivere più come investigarono sul Watergate, che sulla faccenda stessa, già riportata ampiamente sui giornali. La Warner Bros. accettò di finanziare il progetto, solo se sarebbe stato Redford  ad interpretare Bob Woodward, e però egli percepì che il film necessitava di un attore altrettanto famoso per impersonare Carl Bernstein, altrimenti il rischio era che il pubblico provasse uno sbilanciamento di interesse per un personaggio, piuttosto che per l'altro: fu egli stesso ad avvicinare DUSTIN HOFFMAN e proporgli di prendere parte al lungometraggio. I due attori protagonisti impararono a memoria le battute l'uno dell'altro, così da essere più credibili nell'interrompersi a vicenda mentre recitavano lo script. Ciò creò un precedente, a Hollywood, successivamente ripreso da molti attori. La regia venne offerta a JOHN SCHLESINGER, il quale però non accettò, dichiarando che il soggetto del film sarebbe stato reso meglio se diretto da un americano, e fu ALAN J. PAKULA a ottenere di dirigere il lungometraggio.  FRANK WILLS, la guardia giurata che scoprì l'effrazione al Watergate, interpretò se stesso. Niente che non sia stato appurato e dimostrato con prove è stato inserito nella sceneggiatura. Solo il 31 Maggio del 2005, prima che uscisse il numero di "Vanity Fair" che lo pubblicava, il novantunenne W.Mark Felt ammise che era lui "Gola Profonda", l'informatore che contribuì notevolmente all'inchiesta di Woodward e Bernstein. Ai tempi dello scandalo Watergate, egli ricopriva il ruolo di Deputy Director, a tutti gli effetti il numero 2 dell'FBI. HAL HOLBROOK è sempre stato l'attore a cui venne pensato per interpretare "Gola profonda". Questo perchè Bob Woodward, dopo aver visionato molte foto di attori, insieme a Pakula, senza dichiarare mai chi fosse il nome dell'informatore, scelse Holbrook per una certa rassomiglianza con Felt. Anche JASON ROBARDS venne indicato da subito come il più idoneo ad impersonare Benjamin C. Bradlee. La prova di JANE ALEXANDER, che ricevette la nomination per la miglior attrice non protagonista, consiste in otto minuti scarsi di presenza sullo schermo. Fu il film d'esordio per STEPHEN COLLINSWILLIAM GOLDMAN, lo sceneggiatore, venne convocato per un incontro per la stesura dello script da Redford, che avrebbe incluso anche Bernstein e Woodward. Lo sceneggiatore aveva, al tempo, già presentato una versione che era stata accettata, dopo una prima stesura che aveva deluso sia Alan J. Pakula che Robert Redford, ma si ritrovò davanti una nuova versione buttata giù da Carl Bernstein insieme all'allora fidanzata NORA EPHRON: Goldman annunciò che, per motivi legali, non avrebbe letto quella sceneggiatura, e abbandonò la riunione. Infatti, solo una scena di questo script venne utilizzato poi per il film, e di pura finzione, quella in cui Bernstein gioca d'astuzia una segretaria per entrare in un ufficio e guardare chi c'è dentro. Woodward, a dire il vero, non aveva gradito granchè la versione del collega, anche perchè egli descriveva se stesso come un giornalista di talento superiore, e l'altro come un novizio un pò naif. Goldman ebbe a modificare un pò il carattere dell'editor Harry Rosenfeld, interpretato da JACK WARDEN: il vero Rosenfeld era un uomo spiritosissimo, quasi sempre ilare, e lo sceneggiatore preferì renderlo più serioso, per farlo accettare dal pubblico. Tuttavia, come rivelò tempo dopo William Goldman, se avesse dovuto ripetere tutta la sua carriera, ammise che non avrebbe voluto rilavorare a questo film, per le molte pressioni esercitate su di lui, soprattutto da Alan J. Pakula, che lo incalzò molto.  Una scena con Robert Redford al telefono richiese una ripresa di circa sei minuti, con la cinepresa in leggero ralenti:verso la fine della scena, l'attore commise un errore, sbagliando il nome dell'interlocutore telefonico, ma non si corresse, e infatti il regista non cambiò la scena al montaggio. Il furibondo battere dei tasti della macchina da scrivere sulla carta, che apre il film, con il suono espanso in modo minaccioso, venne accentuato aumentando il sonoro, mixando suoni di spari e frustate sul rumore dei tasti che battono, per sottolineare il tema principale del film, cioè le parole come armi. Anche la similare scena conclusiva, sul rumore dei caratteri che vengono stampati sul foglio, include cannonate a salve missate insieme a questi. Girando il film, Redford dormiva proprio all'hotel Watergate. Hoffman e Redford presenziarono in diverse occasioni, per mesi, negli uffici del Washington Post, assistendo anche a molte conferenze e sedute di redazione. Ci fu talmente tanta attenzione ai dettagli, da parte della produzione, da far ricreare ai designers gli elenchi telefonici fuori corso, peraltro quasi invisibili nella pellicola. Le scrivanie per ricreare la redazione del "Washington Post" vennero acquistate, quasi 200, per 500 dollari l'una, dalla stessa ditta che forniva il vero giornale. Nel film ci sono 25 telefonate, di cui sentiamo le parole di tutti e due le persone ai capi del telefono. Le prime note della colonna sonora di DAVID SHIRE si sentono ventotto minuti dopo che il film è iniziato. Il direttore della fotografia, GORDON WILLIS girò la sequenza in cui Woodward parla al telefono con Ken Dahlberg in una sola ripresa, utilizzando un tipo di macchina che permetteva di mettere a fuoco il soggetto principale e lo sfondo contemporaneamente. La ripresa in questione è un lungo zoom.  La macchina che Woodward/Redford guida nel film è una Volvo Amazon. Il "top billing", negli USA, soprattutto, è una questione spinosa: quando ci sono due o più star, ci sono spesso contenziosi per aggiudicarsi il nome avanti a tutti in cartellone. Per ovviare a questa cosa, Dustin Hoffman e Robert Redford si trovarono d'accordo mettendo, sui manifesti, prima Redford, poi Hoffman, nei titoli l'inverso. La boss del "Washington Post", prima che la pellicola uscisse nelle sale, era molto tesa e nervosa, per aver lasciato usare il vero nome della testata giornalistica, ma quando vide il film, chiamò il coproduttore e co-star Robert Redford per congratularsi entusiasticamente e ringraziarlo. Fu il primo lungometraggio che Jimmy Carter guardò da presidente degli USA. E' stato il film di maggior incasso negli Stati Uniti nel 1976, subito dopo "QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO", uscito a fine 1975, superando pellicole sulla carta più accattivanti verso il pubblico, come "IL PRESAGIO" e "CHE BOTTE SE INCONTRI GLI ORSI". Il film, a tutt'oggi, viene ancora mostrato come lezione per i giovani aspiranti giornalisti, in USA. CHRIS CARTER lo ha citato come fonte d'ispirazione tra le maggiori, per i suoi "X-FILES", in cui un personaggio di una certa importanza viene chiamato anch'esso "Gola Profonda". Le riprese si svolsero tra Giugno e Novembre del 1975. Costato 8 milioni e mezzo di dollari, ne incassò 70 solo negli States. Venne candidato a otto premi Oscar, tra cui miglior film, regia, vincendone quattro: per il miglior attore non protagonista (Jason Robards), miglior sceneggiatura non originale, miglior sonoro e direzione artistica. Ai Golden Globes, invece, ottenne quattro candidature (film drammatico, regista, attore non protagonista categoria drammatici, sonoro), senza vincere. Ai BAFTA ebbe dieci candidature, tra cui quelle per il miglior film, migliore regia e attore protagonista (Hoffman), ma non portò a casa premi. E' ancora considerato come uno dei grandi lungometraggi sul giornalismo. 

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